6 Ottobre 2015 Francesca F.

Non è solo un discorso legato alle nuove forme di comunicazione, ma è certo che l’editoria non è mai stata così viva. È sbagliato farsi ingannare dall’informazione corrente che vuole il mondo dei libri bloccato in un’eterna crisi, tra colossi che si fondono (vedi Mondadori e Rizzoli), case editrici pur gloriose al centro di polemiche perché non pagano i professionisti che impiegano, finanziamenti pubblici sprecati in quantità industriali, ecc. Questi, lo sappiamo, sono gli aspetti cupi di una vicenda che, però, vede questo presunto morto che cammina riprendere vita. È il mercato libero della rete, che non accetta più intermediari, almeno non nella forma tradizionale. Non c’è più spazio per filiere pesanti, come nel caso dell’editoria tradizionale (ancorata a schematiche funzioni professionali). Non c’è più spazio per un settore che ancora vincola la sua esistenza al funzionamento spesso soffocante della distribuzione, della promozione viziata da Premi e Festival ormai tarocchi. L’uomo è perfettamente in grado di valutare la bontà e la qualità di un’opera, come dovrebbe essere un testo letterario, direttamente partendo dal basso. Sono gli utenti che costruiscono e distribuiscono i nuovi contenuti. Nei bookstore online gli autori proliferano, alcuni crescono proprio grazie alla chiacchiera della rete che, di opinione in opinione e di commento in commento, permette a nuove generazioni di autori di affacciarsi sulla contemporaneità e conquistarsi un pubblico. Noi, sia chiaro, riusciamo fare una distinzione tra ciò che è narrativa e ciò che è letteratura, e collochiamo la prima nel vasto e articolato mondo dell’intrattenimento, e la seconda tra gli spazi della ricerca, nel dibattito culturale più profondo che non ha quasi mai bisogno di scontrarsi sulle dinamiche mercato. Con la prima ci troviamo nel terreno del consumo orientato al divertimento, la cosiddetta fiction economy, che confeziona storie da proporre ai consumatori; con la seconda siamo nel mondo della cultura più accademica e per addetti ai lavori, in cui si gioca il prestigio delle argomentazioni delle tesi che il testo letterario propone.

Va detto, a rigor del vero, che ridurre ogni sforzo autoriale a semplice gesto creativo può essere un limite; alcune storie, anche molto belle, non necessariamente devono diventare pietre miliari dell’interpretazione della contemporaneità. È sufficiente che siano strutturate con intelligenza, che dicano qualcosa di interessante e che contengano tutti gli elementi della narrazione. Poi, sarà il pubblico a valutare. Se ci pensate ci sono moltissimi esempi del genere: prendendo il genere fantasy per ragazzi, Harry Potter è un personaggio di straordinario successo e gli scritti della sua autrice riprendono (in modo colto) i paradigmi della favola e li portano a livelli eccelsi. Si tratta, a mio modo di vedere, di puro intrattenimento eppure la qualità dell’operazione è indiscutibile.
Se il desiderio è di cimentarsi in un testo oggi, grazie a programmi semplici di scrittura e impaginazione, a store online iper-organizzati e a una vastissima audience che non aspetta altro che nuovi contenuti, è davvero possibile tentare e riuscire.

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